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Per conoscere la storia e seguire la carriera dei personaggi più famosi degli sport al femminile
Solo sport al femminile
Per conoscere la storia e seguire la carriera dei personaggi più famosi degli sport al femminile
Possiamo considerare i videogames un vero e proprio sport? Per alcuni questa è una domanda assurda, ma è dal 2017 che il Comitato Olimpico sta valutando di riconoscerli ed inserirli nelle discipline olimpioniche.
Stare seduti ore davanti a un pc con un joystick in mano può avere la stessa valenza di una corsa in velocità? A quanto pare si.
I videogamers più famosi infatti partecipano a competizioni estenuanti che richiedono quasi la stessa disciplina di un atleta per resistere a lunghissime sessioni di gioco.
Sana alimentazione, giuste ore di sonno ed esercizi per la postura sono alla base di chi gareggia e deve tenere il massimo della concentrazione per vincere.
La carriera di chi intraprende questa disciplina infatti è breve (per questioni di riflessi) e deve cercare di restare il più attivo possibile, anche perché le sfide internazionali in Giappone prevedono premi da capogiro.
In Italia la squadra femminile più famosa è stata quella delle MadKitties, 4 ragazze giovanissime che non raggiungevano i 25 anni che giocavano a Call of Duty, un videogame sparatutto a tema militare.
Il team in rosa era composto da Banshee (la fondatrice) Chiara, Blonde e Rinoheart che nella vita facevano tutt’altro ma che hanno avuto la mission di combattere contro il maschilismo dell’ambiente game.
Gli insulti amichevoli fanno parte del gioco, ma il fatto di essere prese di mira in quanto donne lo è un po’ meno: lo abbiamo visto questa estate con la gamer 19enne Chassidy, americana, che ha realizzato un video con tutte le battute sessiste ricevute durante una sessione di gioco.
Le nostre connazionali però non si sono mai arrese: la loro costanza nell’affrontare i pregiudizi del maschio italiano ha coinvolto anche altre giocatrici, e l’associazione di categoria dell’industria dei videogiochi ha evidenziato come in questi ultimi anni le quote rosa siano vertiginosamente aumentate.
Anche se in Italia non è facile vivere di tornei, sempre più ragazze si avvicinano a questo esport considerato prettamente maschile dimostrando come le donne sappiano sempre essere allo stesso livello dei loro colleghi maschi.
Coco Gauff, nata il 13 marzo del 2004, a 15 anni compiuti da poco è una vera e propria rivelazione del mondo del tennis: è brava – anzi, bravissima – e può competere con atlete più grandi ed esperte di lei, ma è soprattutto meravigliosa da guardare. È tenace e determinata, non si arrende mai – nemmeno quando le cose iniziano a mettersi male – è divertente, sempre tranquilla e con i piedi per terra. Un vero e proprio esempio non solo di tecnica, ma anche di cuore!
Il suo percorso inizia a sette anni, quando – dopo aver provato diversi sport – Coco si lascia affascinare dalle sorelle Williams, optando per una disciplina individuale: prende la racchetta e inizia ad allenarsi, finendo nel 2014 alla Mouratoglou Academy, gestita proprio dall’allenatore di Serena Williams (Patrick Mouratoglou).
Nel circuito Junior (ITF Junior Circuit), la giovanissima tennista dà subito prova di un talento fuori dal comune, vincendo nel giro di un anno un Grand Slam in singolo (French Open) e un altro in doppio (US Open).
Ma è dopo il suo debutto nella WTA durante i Miami Open che Coco inizia ad attirare l’attenzione di tutti: vince il suo primo match contro Alexandra Perper, si fa largo fra ragazze più grandi che hanno già esperienza di questo mondo, guadagna una Wild Card per gli US Open e continua fra singoli e doppi, fino a Wimbledon 2019.
Qui, a 15 anni, diventa la più giovane tennista a finire fra le prime 32 classificate, battendo subito Venus Williams – suo grande idolo – e procedendo nella competizione fino al quarto turno: solo Simona Halep riesce a fermarla.
Alla fine del torneo è 141esima al mondo. Un risultato pazzesco.
Coco, però, come abbiamo detto, non attira la stampa solo grazie al suo indiscutibile talento. Quando perde, non si lamenta, non piange, non si lascia andare. Parla coi giornalisti e, rispondendo alle domande, dice: “Ho imparato molto”. Questa frase fa definitivamente innamorare di lei tutti gli appassionati di tennis: Coco Gauff, nonostante la giovane età, sta con i piedi per terra, è interessata solo al gioco e – pur avendo perso – sa quanto vale quello che ha fatto.
Il suo futuro la attende: ci sarà sicuramente il tempo per festeggiare!
La storia di Katelyn Ohashi non è delle più simpatiche, diciamolo. Che nel 2019 le donne si autodiscriminino in base al peso e alla presenza fisica ci fa capire quanto lavoro ci sia ancora da fare in questo senso.
Si perché le peggiori giudici sono proprio le donne: secoli di patriarcato ci sono entrati nel cervello, e non importa se sei la ginnasta più brava del mondo, sei grassa per i canoni della società e il tuo talento automaticamente non conta nulla.
Come se alla fine essere “belle e magre” e non sapere fare niente sia l’aspirazione massima per una donna.
Ma partiamo dall’inizio: Katelyn comincia la sua carriera nella ginnastica a corpo libero conquistando subito tutti nei campinati nazionali under 16 e conquistandosi di diritto un posto alla categoria seniores.
Il suo trionfo avviene all’American Cup, la competizione più famosa del mondo, in cui riesce a battere la campionessa Simone Biles che da allora non ha mai più avuto sconfitte (giusto per far capire la rilevanza della vittoria anche a chi non segue questo sport).
Purtroppo un infortunio alla schiena la bloccherà per un po’ e la costringerà a ritirarsi dalla nazionale per diventare una atleta universitaria.
Nel 2017 decide di esternare il disagio provato durante la carriera professionistica, rivelando parti del suo diario in cui descriveva le pressioni subite da famiglia, allenatori, compagne e fan. Il suo peso ritenuto eccessivo non le permetteva di portare avanti la sua passione con la dovuta serenità: la sua bravura non era presa in considerazione. Questi giudizi crudeli l’hanno portata sulla strada della bulimia e della disperazione, affossando completamente la sua autostima.
Un duro lavoro su di sé però l’ha portata a comprendere cosa è veramente importante: la passione per il proprio sport, non importa a quali livelli.
A gennaio 2018 si presenta ai campionati Collegiate Challenge di Anaheim eseguendo un esercizio a corpo libero, il corpo tanto criticato, sulle note di Michael Jackson. Il risultato è un 10 e una condivisione virale del suo video che ha fatto il giro del pianeta e l’ha resa una delle ginnaste più conosciute del panorama mondiale.
Di Gabriele Grunewald forse non avete mai sentito parlare.
La trentenne mezzofondista statunitense non è famosa per aver fermato il cronometro su tempi impossibili, non ha stracciato le sue avversarie imponendo una distanza abissale, non ha cambiato per sempre le regole della sua specialità. (altro…)
“My life philosophy has been to be bold and courageous“
Alysia Montaño, atleta statunitense specializzata nei 400 e 800 metri, è una campionessa nazionale, che ha conquistato ben 6 titoli nel 2007, 2010, 2011, 2012, 2013 e 2015.
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Un anno dopo, ancora giovanissima, si trasferisce a Roma per entrare nella Federazione Italiana Tennis, grazie alla quale comincia a partecipare a tornei in Italia e in Europa: a 18 anni, entra nella Nazionale Juniores. (altro…)
Alice Milliat, nuotatrice e canoista francese originaria di Nantes, viene ricordata come una delle prime e più importanti dirigenti sportive, attiva negli anni ’20 nel tentativo di ottenere il riconoscimento dell’impegno delle atlete di tutto il mondo. (altro…)
The loser says it may be possible, but it’s difficult; the winner says it may be difficult, but it’s possible.
— Althea Gibson
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Dopo soli 3 mesi, Beatrice era già tornata a scuola e, in un anno di rabilitazione, era già tornata a praticare sport! (altro…)
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