Di Gabriele Grunewald forse non avete mai sentito parlare.
La trentenne mezzofondista statunitense non è famosa per aver fermato il cronometro su tempi impossibili, non ha stracciato le sue avversarie imponendo una distanza abissale, non ha cambiato per sempre le regole della sua specialità.

Gabriele Grunewald ha fatto molto di più.

Nel 2009, infatti, la giovanissima atleta scopre di avere un tumore alla tiroide: la sua carriera sportiva sta decollando, i trials vanno bene, riesce perfino a sfiorare le Olimpiadi. Ma il cancro la ferma, e la ferma per quattro volte.
Prima la tiroide, poi – a più riprese – anche il fegato: dopo ogni risalita, il male torna a bussare alla sua porta, costringendola a lunghi stop.

Quando le altre partecipano a Rio 2016, lei è a casa, a farsi operare.

Nonostante questo, nonostante una quarta ricaduta lo scorso marzo, Gabriele arriva ai trials di Sacramento dove, ieri, in mezzo a un ciclo di chemio ha percorso i suoi 1500 metri.
È arrivata ultima, ha fermato l’orologio a 4:31:18, ma tutto lo stadio ha applaudito e pianto per lei, che è poi comparsa sui maxi schermi, mentre tentava di trattenere le lacrime.

Bellissima e fortissima, con la sua cicatrice ben in vista e il suo spirito indomito.
Uno spirito che la malattia ha tentato di abbattere, ma che continua – nonostante il dolore e la stanchezza – a lottare: poco importa che il tempo sia alto, lei c’è arrivata, ha finito, ha tagliato il traguardo, mentre le altre atlete della batteria le correvano incontro e le facevano scudo.

Lo sport è anche questo.
Lo sport dovrebbe essere soprattutto questo e Gabriele Grunewald ce l’ha ricordato.
Lottare, non perdersi d’animo, continuare ad andare avanti, a mettersi alla prova, a correre con determinazione e passione: in pista, come nella vita.

Forza Gabriele, continua a lottare: il mondo dello sport, e non solo, è con te!